Privacy Policy Lettera ai contadini - la terra sotto i piedi

Lettera ai contadini

Le api non fanno niente di inutile, sono ordinate, altamente organizzate e produttive. Il loro modo di vivere in società e di lavorare nell’ambiente che le circonda assomiglia per molti aspetti alle nostre occupazioni di agricoltori e allevatori, che ricaviamo dalla terra e dagli animali i mezzi per vivere.

Le api fanno qualcosa di più: si occupano di un lavoro che non è indispensabile alla loro sopravvivenza ma che compiono come servizio voluto da una legge di natura. Questo lavoro e servizio è l’impollinazione.

Siamo contadini da generazioni, in modo diverso, chi a tempo pieno e chi no, chi facendo studi di agronomia e chi lavorando come gli è stato insegnato. Tutti, come possiamo, ci occupiamo dei problemi legati alle nostre aziende, come investire il nostro denaro e le nostre fatiche per farle fruttare al meglio.

E tutti sappiamo molto bene che esistono delle regole legate al corso delle stagioni e ai ritmi della terra: potatura, aratura, semina, irrigazione, vendemmia, mietitura avvengono in modi e tempi che non siamo noi a decidere. Seguire queste regole fa parte di un’esperienza appresa e tramandata nel corso delle generazioni e rispettarle dipende dalla conoscenza profonda dei nostri campi e di quello che possono produrre.

Negli ultimi anni, con l’introduzione della chimica in agricoltura, le cose sono molto cambiate: molte fatiche ci vengono risparmiate da mezzi sempre più efficaci. D’altra parte, però, siamo meno liberi: siamo diventati dipendenti da chi ci fornisce i prodotti fitosanitari per i trattamenti, senza ricevere in cambio tutte le informazioni sui principi attivi in essi contenuti. O meglio, ci viene detto come usarli e in che dosi, ma non che effetto hanno e avranno sulla nostra salute, sulla terra e sull’acqua che li ricevono.

In ogni caso, le cose sono cambiate in meglio. Essere contadini è diventato un lavoro importante, un lavoro stimato anche. Se però pensiamo al nostro futuro, bisogna dire che non siamo certo nelle condizioni in cui si trovavano i nostri nonni: noi non possiamo più controllare gli effetti del nostro lavoro sul terreno perché non conosciamo le conseguenze, le alterazioni che i prodotti chimici provocano sul ciclo naturale degli esseri viventi. Di sicuro sappiamo che alla base del ciclo della vita c’è anche il lavoro degli insetti: se manca l’impollinazione che essi compiono noi diventiamo incapaci di lavorare (e di mangiare). E sto parlando dell’impollinazione che viene fatta su tutto, non solo sulle piante da frutto o sugli ortaggi. È necessario, infatti, che vengano impollinati anche i fiori, le bacche, le erbe spontanee e tutto quello di cui si nutre la selvaggina, i piccoli animali, gli uccelli.

Lavorando in questi anni con le api, io mi sono accorta che è sempre più difficile produrre miele, non perché le api non sappiano più produrlo, ma perché in buona parte si ammalano e muoiono. Ho verificato morte e spopolamento degli alveari negli ultimi sei anni, ma in modo preoccupante nella stagione scorsa, quando la mia produzione è stata bassissima, per le cattive condizioni climatiche e per lo spopolamento degli alveari. Infatti, oltre al cattivo tempo che ha rovinato fioriture importanti, gli alveari erano a rischio di sopravvivenza perché si trovavano ad essere senza api: le bottinatrici – ovvero le api adulte che raccolgono polline e nettare necessario al sostentamento dell’alveare – uscivano per raccogliere ma non tornavano indietro. Oltre a questa perdita, verso la fine della stagione estiva sono nate api così deboli che sono morte anzitempo provocando un indebolimento delle famiglie tale da impedire un normale invernamento.

Insomma, per evitare di perdere completamente le famiglie, ho lasciato  che si mangiassero il più possibile il miele che erano riuscite a raccogliere. Grazie a questa scelta ho avuto soltanto 1 chilo e mezzo di miele per arnia (di media) contro una normale produzione che dovrebbe aggirarsi intorno ai 20-30 chilogrammi per arnia. Ma in questo modo ho salvato le api. Insomma, queste cifre non permettono ad un apicoltore di continuare a fare questo lavoro, che risulta troppo in perdita. (E la mia situazione è simile a quella di molti altri).

Così ho pensato di scrivere questo progetto perché garantire la vita delle api e quindi il ripetersi ogni anno dell’impollinazione è indispensabile. La morte delle api, infatti, ci sta mostrando in maniera molto forte e chiara che abbiamo un problema di salute ambientale. Nel progetto chiedo un aiuto economico a chi mi voglia sostenere in questo lavoro di sensibilizzazione e di attenzione verso il mondo delle api. A voi che lavorate nel mondo dell’agricoltura chiedo di tener presente che esiste questo problema: le api muoiono e per fermare tale moria è urgente chiedersi perché questo stia accadendo. Quello che so riguardo alla moria delle api è questo: molti principi attivi contenuti nei trattamenti sono nocivi o addirittura letali alle api. Nei campioni di polline da me prelevati l’anno scorso per capire le cause dello spopolamento erano presenti i seguenti pesticidi, pericolosi per le api (e alcuni anche per l’uomo): FLUVALINATE, CHLORPYRIPHOS, INDOXACARB, DINOTEFURAN (sono in ordine di presenza in percentuale).

Il problema che si presenta è questo: cosa si può fare per far fronte alla morte delle api e nello stesso tempo alla necessità di eseguire trattamenti? Innanzitutto, trattare solo quando è strettamente necessario, attenendosi con attenzione alle dosi consigliate (e non trattare mai le colture in fioritura!). E, soprattutto, informarsi se il prodotto che si va ad utilizzare provoca la morte delle api: se sì, chiedere se ne esista in commercio uno meno dannoso. Per questo motivo: perché l’agricoltore ha diritto ad acquistare i prodotti migliori, ovvero efficaci ma anche meno dannosi (non mi sembra giusto, infatti, che i produttori e i rivenditori si arricchiscano impoverendo i nostri terreni, l’aria che respiriamo, le sorgenti e i corsi d’acqua). Perché, insieme alla morte delle api, è proprio questo che sta accadendo.

Questa lettera è rivolta anche a chi operi nel mondo dell’agriturismo, che si renderà conto due volte di quanto sia importante salvare questi insetti che costituiscono la prima pedina dell’agricoltura da cui si ricavano i pregiati prodotti del nostro territorio e quindi la capacità della nostra zona di attrarre i visitatori.

Vi ringrazio per il tempo che avete dedicato alla lettura di questa lettera e del progetto che vi allego.

     Monzambano, 19 luglio 2015

                                                                                                                                                                           Francesca Ferri

[Per informare di quanto sta accadendo invierò questa lettera e il testo del progetto anche alle confederazioni di categoria di Mantova, ai consorzi locali e, per una diffusione maggiore, alla Gazzetta di Mantova. Ritengo infatti che il problema della sopravvivenza delle api debba essere evidenziato con urgenza e tempestività.]